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Dave Gahan sul nuovo disco dei Depeche Mode: “Abbiamo parlato con Anton Corbijn di alcune idee…”

Recentemente la CNN ha intervistato Dave Gahan che ha parlato del suo ultimo lavoro con i Soulsavers, del nuovo disco dei Depeche Mode e di come “Ziggy Stardust” abbia cambito la sua vita.

CNN: Come puoi paragonare il lavoro fatto con i Soulsavers rispetto ad un album solista o con i Depeche Mode? Sembra un compito abbastanza impegnativo che richiede grandi idee.
DG: «E’ interessante ciò che hai detto. “Presence of God“, per esempio, e il modo in cui la interpreto, puo farla apparire come una semplice frase o qualcosa di più. Le note che scelgo e la mia interpretazione rendono tutto molto emozionante.
Quello con Rich è stato un processo differente dal solito, per me. Non ho programmato nulla, ho scritto ciò che mi veniva, liberamente e senza pressioni. Ho lasciato che il processo scorresse in modo puro e naturale, e questo penso si avverta nei brani.
I Can’t Stay” è stato il primo brano sul quale ho lavorato e che ha acceso poi tutto il processo lavorativo. Quando l’ho inviato a Rich è rimasto sbalordito da ciò che avevo fatto su quegli accordi di chitarra che mi aveva precedentemente inviato, ed è iniziato tutto.
Queste canzoni sono un modo per descrivere se stessi… non avrei potuto farlo in modo migliore.»

CNN: Parlando di benedizione, in questo album hai esplorato la spiritualità, in particolare con “Presence of God”, e hai detto che queste tematiche posso imbarazzare le persone. E’ certamente molto più diretto, rispetto a ciò che fai solitamente con i Depeche Mode… c’è stato un allontanamento?
DG: «Niente affato. Perchè sia io che Martin andiamo nella stessa direzione. In passato, specialmente nel periodo “Violator” e “Songs of Faith and Devotion“, sentivo come se Martin scrivesse canzoni su di me o per me, cosa che in realtà non era. Avevamo le stesse incertezze e spesso sembrava che stessimo vivendo lo stesso strano oscuro senso dell’umorismo.   
Presence of God” ti fa capire che basta aprire le orecchie e ascoltare ciò che ci accade intorno, per trovare tutte le risposte alle nostre domande. Anche il titolo dell’album, “The Light the Dead See“, ha un effetto positivo… le cose accadono quando meno te lo aspetti, magicamente. Questa è una cosa che sto provando anche sulla mia pelle, quando mi ritrovo immerso in pensieri di ogni tipo.»

CNN: E’ un equilibrio molto delicato, esplorare queste tematiche nei tuoi testi, stando attendo a non alienare il pubblico dal senso di angoscia o di predicozzo. Come sei riuscito a gestire questa cosa?
DG: «Mi fa piacere che tu abbia avvertito questa cosa. E’ venuto fuori tutto molto facilmente. Per me la fede e il dubbio sono molto vicini. E’ impossibile negare l’evidenza delle cose che accadono intorno a noi, anche quando cerchi di controllarle. Non sto cercando di dire cosa sia giusto fare. E’ la mia pura esperienza, quella che in alcuni momenti ti fa sentire parte di qualcosa, mentre in altri ti fa pensare “che cavolo sto facendo?”
Questa accade a tutti. Ho cercato di mantere la cosa aperta il più possibile, senza orientamento. Non voglio orientarvi. Voglio che ascoltiate e siate liberi di evocare i vostri sentimenti.»

CNN: L’album è bellissimo. Malinconico ed esaltante allo stesso tempo. Come sei riuscito a colpire i nervi emotivi?
DG: «Credo che, in alcuni casi, sia stato il modo in cui ho usato la mia voce. Quando canto mi lascio trasportare completamente. In adolescenza ascoltavo spesso David Bowie. Il posto in cui lui cantava, ero lo stesso in cui volevo andare io. Non sapevo se quel posto fosse reale, ma ho creduto che lo fosse.
Ho cercato di ricreare la stessa magia in questo disco.»

CNN: C’è qualcosa in particolare di Bowie che ti ha trasportato più delle altre?
DG: «Molti dei suoi dischi sono stati fondamentali per me. Se dovessi citarne uno sarebbe “Ziggy Stardust“. Ha cambiato la mia vita. Accadde la stessa cosa quando esplose il periodo punk rock, vidi per la prima volta i Clash, avevo 16 o 17 anni. Sentivo di appartenere a qualcosa, la musica ha sempre avuto questo effetto su di me, e continua tuttora. Ultimamente ho acquistato e sto ascoltando molto spesso l’album dei SpiritualizedSweet Heart Sweet Light“.
C’è una sorta di senso dell’umorismo nella combinazione delle sue parole e il suo stile musicale. Non tutti hanno le stesse sensazioni ascoltado quel disco, ma è un gran bel disco.»

CNN: Stai registrando il tuo 13° album con i Depeche Mode. Puoi accennarci qualcosa?
DG: «Martin è stato molto prolifico, lo sono stato anche io. Mentre scrivevo demo per i Depeche Mode, nello stesso tempo ero impegnato con i Soulsavers. Martin ha scritto dei pezzi grandiosi. Di solito iniziamo un disco con sei o sette canzoni, questa volta invece ne abbiamo circa 20.
In studio cerchiamo di non sovra-produrre il suono e non esagerare. Stiamo cercando di ottenere maggior rendimento di prestazione, quindi se c’è una cosa che funziona, la registriamo e basta. Abbiamo già parlato con Anton Corbijn di alcune idee su come vorremmo che fosse l’impatto visivo del disco, lui di solito ha un’ampia visione.
Le canzoni hanno un influenza blues. Ovviamente non è un disco blues, ma ci sono sicuramente alcune di quelle influenze in esso. Da la sensazione di avere anche un certo approccio soul, ma siamo solo all’inizio ed è ancora presto per parlarne.
Lavoriamo insieme da così tanto tempo, ma c’è sempre un elemento che sorprende noi e il nostro lavoro.»

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2 Risposte

  1. Roberto

    “The light and the dead see” è effettivamente un grande raccolta di splendide canzoni, “take me back home me” è una perla che mi commuove ad ogni ascolto, grazie Dave.

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    16/07/2012 alle 7:27 PM

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