Italian Blog

Interviste

Dave Gahan: «La gente tirava sacchetti di droga sul palco»

Il frontman dei Depeche Mode parla di Jeremy Corbyn, di consigli spirituali, del suo lavoro coi Soulsavers, della passione per Lana Del Rey e del potere di Judge Judy

Ciao Dave. Negli anni ’80, una volta hai finito un concerto con quaranta scarpe del pubblico sul palco. Quando è stata l’ultima volta che ti hanno tirato una scarpa?

«Sì, c’è stata una fase, e un luogo in particolare a Los Angeles, il Palladium, nel quale la gente tirava scarpe sul palco. Non so per quale motivo. Ricordo soprattutto un concerto nei primi anni ’90 dei Jane’s Addiction, nel quale Perry Farrell ha beccato una scarpa, gli è arrivata dritta in faccia. Ci sono arrivate un sacco di cose strane sul palco nel corso degli anni. Spesso dipende da quello che dici alla stampa: c’è stato un periodo orribile negli anni ’90 nel quale la gente tirava sacchetti di droga sul palco.»

Che spreco.

«Non era una buona idea, ma probabilmente era spazzatura (1). Non so cosa fosse, i roadie si davano da fare e raccoglievano tutto.»

Mi pare anche logico.

[Ride] «Sì, appunto.»

Chi sceglieresti per dirigere il tuo prossimo video: Anton Corbijn o Jeremy Corbyn?

«Ho letto qualcosa su Jeremy Corbyn. Sinceramente mi piace quello che dice, ma non penso che sarebbe bravo a dirigere un video, per cui scelgo Anton. So che farà un buon lavoro.»

Hai ancora un consigliere spirituale (2)?

«Senti, devo dire che cerco costantemente consigli spirituali. Dovremmo farlo tutti. Non importa cosa sia, dove lo cerco, ma sono sempre alla ricerca di risposte alle domande: “Perché sono qui?”, “Che sto facendo?”, “Cosa dovrei fare e perché non lo sto facendo?”.»

Be’, ora sei qui perché hai finito il secondo album come cantante dei Soulsavers (3) e vorresti promuoverlo.

«Non abbiamo mai smesso di scrivere dopo il primo album dei Soulsavers. Perfino quando ero in tour con i Depeche Mode, avevo idee in mente. Alla fine di quel tour coi Depeche Mode, sono rimasto a fissare le pareti a lungo, come capita sempre, ma quella volta sembrava più grave. Avevo una sensazione tremenda di smarrimento. “È finita”, ho pensato. Mi ha colpito duramente. Mi sono avvilito per un po’, e quando Rich dei Soulsavers mi ha mandato la musica, lavorarci sopra mi è sembrato molto terapeutico. Ho cominciato a scrivere fino a tirarmi fuori dalla voragine nella quale ero caduto.»

Non ti mette un po’ a disagio lavorare coi Soulsavers facendo parte dei Depeche Mode? Per dire, sei in tour e ti suona il telefono, ti chiedono: “Chi era?”, e tu: “Nessuno!”.

«Forse un pochino. Ho visto Martin [Gore] (4) di recente a Los Angeles, ci siamo divertiti e abbiamo chiacchierato. Mi ha fatto qualche domanda. Sembrava volesse dire: “Ci stai un po’ tradendo” (5). Ma credo ci sia spazio per tutto. Per gli altri è difficile capirlo, ma io so soltanto che ho bisogno di farlo.»

Qual è la canzone più bella che tu abbia mai registrato?

«Con i Depeche Mode, la prima che mi viene in mente è “Condemnation” da Songs of Faith and Devotion (6), perché è stata un vero punto di svolta nel capire che avevo una voce. Ho trovato la mia voce in quella canzone.»

Qual è la tua canzone preferita nelle classifiche attuali?

«Oh, cavolo. Non ho idea di cosa ci sia in classifica, ma ascolto brani indirettamente attraverso mia figlia sedicenne. Ha ascoltato l’ultimo album di Lana Del Rey fino allo sfinimento, ed è piaciuto anche a me.»

Pare tu sia entrato in un ciclo di quattro anni: album e tour dei Depeche Mode, progetto collaterale, album e tour dei Depeche Mode, progetto collaterale. Dopo 25 anni, non hai voglia di rilassarti e guardare Judge Judy?

«Be’, lo faccio. Guardo Judge Judy o quel che capita, ma posso farlo fino a un certo punto. Cerco disperatamente di non fare nulla, lì per lì sembra una buona idea. Poi, se non faccio qualcosa, entro in una situazione strana. Mia moglie mi asseconda per un po’, poi mi dice di andare a fare qualcosa. A volte è un bene perché la scrittura mi consente di venirne fuori.»

Che sound avrà il prossimo album dei Depeche Mode?

«Questa è una domanda da un milione di dollari, amico mio. Il fatto che non ne abbia minimamente idea lo rende emozionante. Ed è sempre così. Io e Martin ci vedremo più avanti quest’anno e ne parleremo. Ma possiamo fare quello che vogliamo, e sarebbe un peccato non esplorare ogni possibilità.»

Hai un maglione natalizio?

«Non l’avevo

Non l’avevi?

«Be’, ho passato lo scorso Natale con mia madre, i miei fratelli e mia sorella e le rispettive famiglie sull’Isola di Wight. Mia sorella ha insistito che tutti indossassimo un maglione natalizio.»

Incredibile.

«C’è una fotografia da qualche parte di tutta la famiglia, siamo allineati davanti alla casa di mia madre, con questi maglioni. Il mio, l’avevano comprato per me, era un maglione che sembrava un completo in giacca e cravatta. Era ridicolo.»

Puoi dare a The Guardian la fotografia per accompagnare quest’articolo?

«Ho minacciato tutta la famiglia: se quella foto dovesse saltare fuori, io non parlerò più con loro. Però è una bella fotografia, a dire il vero.»

Note a piè di pagina

(1) Nell’originale garbage, termine americano per “spazzatura”. Dave vive a New York, in un appartamento che dà sul fiume Hudson. A volte si siede a guardare le navi passare.

(2) Il manager dei Depeche Mode, Jonathan Kessler, è stato accreditato come consigliere spirituale dell’album live di Songs of Faith and Devotion. Oggi Dave dice che era una cosa «leggermente ironica».

(3) Duo di produzione britannico. Angels & Ghosts è il loro quinto album, hanno anche registrato con Mark Lanegan, Mike Patton e Jason Pierce.

(4) Nel 2013 Gahan ha rivelato che Gore aveva registrato un brano con Frank Ocean. La canzone non si è ancora materializzata, ma dev’essere solo questione di tempo.

(5) Questo è alquanto bizzarro, visto che nel 2012 Martin si è ritrovato con Vince Clarke e ha registrato un album intero con lui.

(6) Sbagliato. È “Enjoy the Silence”.

theguardian.com

Traduzione a cura di ©Barbara Salardi per Depeche Mode e Dintorni 

  • E’ vietata la riproduzione anche solo parziale di questo articolo/traduzione, senza indicarne provenienza, senza chiedere l’autorizzazione agli autori o i dovuti crediti al Blog.


A pranzo con Dave Gahan

A pranzo con Dave Gahan

Il frontman dei Depeche Mode racconta del suo inferno con la droga davanti a un piatto di pesce grigliato e acqua minerale nel suo ristorante di fiducia a New York.

Dave Gahan è nove minuti in ritardo. Non si può farne una colpa al frontman di uno dei più grandi gruppi degli ultimi trent’anni. «Scusami! Spero di non essere troppo in ritardo», rivolge le sue scuse a Q mentre saluta cordialmente il cameriere come se fosse un vecchio amico. A quanto pare qui lo conoscono. Il cantante dei Depeche Mode viene in questo ristorante italiano di vecchio stampo a Greenwich Village da quasi due decadi, la scuola dei suoi figli è a poche vie di distanza.

Non consulta il menu, si siede e mette il tovagliolo in grembo. «Portaci quel piatto di carne e formaggio», gesticola elettrizzato dopo avere chiesto se Q mangia il formaggio e la carne. Questa è New York, dopotutto.

In seguito, ordiniamo il pesce da un vassoio ghiacciato messo orgogliosamente in mostra dal cameriere: Gahan sceglie un intero filetto di spigola e ci dividiamo patate e spinaci. «Fanno bene al cuore», sottolinea con una risata. È una considerazione giudiziosa per un uomo che nel 1993 ha avuto un attacco di cuore sul palcoscenico, al culmine della sua dipendenza da droga.

Quando ordina una bottiglia di acqua minerale gassata, diventa chiaro quante cose siano cambiate da allora e in particolare da quando è arrivato a New York nel 1996, scappando da Los Angeles, la città che lo aveva accolto come un tossicodipendente alle prime armi e l’ha allevato fino a diventare un professionista. «Non potevo restare là», dice. «Tutto era finalizzato allo sballarsi. Non potevo vivere da quelle parti senza farlo». Gahan è un newyorkese da allora, abbraccia l’anonimato e la possibilità di «fare parte di nuovo della razza umana».

Mentre mangiamo di gusto, si avvicina il proprietario anziano con la coda di cavallo. «Non si capisce una parola di quello che dice», sussurra Gahan. Non ha torto. Eppure, in qualche modo, decifra una parola su tre del signore che parla italiano.

Gahan è appena tornato dalla California, per la quale oggi si percepisce un certo affetto soprattutto perché è anche la dimora del membro fondatore e autore di canzoni dei Depeche Mode, Martin Gore. Sebbene il duo abbia notoriamente avuto dinamiche tumultuose nel corso degli anni, Gahan ammette felicemente che il loro rapporto è «davvero cambiato».

«Ci siamo messi a chiacchierare ed è stato molto bello. Non necessariamente di musica, di qualsiasi cosa, anche della vita. Probabilmente lo abbiamo fatto di più negli ultimi anni che per tutto il tempo passato [insieme nel gruppo]».

Mentre taglia il pesce, medita su un possibile trasferimento futuro in California, anche se un luogo nel quale non vorrebbe certamente più vivere è la sua vera casa: l’Inghilterra.

Gahan racconta una storia particolarmente dolorosa di quando ha lasciato l’Inghilterra intorno ai venticinque anni. Cresciuto a Basildon, nell’Essex, dall’età di due anni, viveva con la sua prima moglie e suo figlio Jack in una villa nel Sussex, ma Gahan era segretamente terrorizzato. Quando era arrivato il momento di partire per il World Violation Tour nel 1990 aveva già deciso: «Ricordo di essermi voltato, mi salutavano con la mano e mi sono detto: “Non tornerò più qui”. E così è stato». Durante il tour ha chiamato sua moglie dicendole che voleva trasferirsi a Los Angeles.

Ha scoperto immediatamente il lato più sordido di Los Angeles e si è trovato subito a suo agio. L’abuso di droga è peggiorato fino a quando non l’hanno arrestato e, rischiando due anni di carcere (grazie a un buon avvocato), ha scelto la riabilitazione. Era un’epoca nella quale i tossicodipendenti morivano, compreso Kurt Cobain che andò nella stessa clinica di Gahan: «Avevo la sensazione che se avessi continuato sarei stato il prossimo».

Vent’anni dopo, Gahan ha trovato la salvezza nella sobrietà. Con Martin Gore parla del prossimo disco dei Depeche Mode (il quattordicesimo), sta per pubblicare un lavoro in collaborazione con i Soulsavers e ha una vita familiare stabile con sua moglie e i suoi figli. Attribuisce tutto questo, in gran parte, a due cose: il bicchiere di acqua gassata che tiene in mano e la città fuori dalla finestra.

Mentre si allontana nelle strade torride, Q ricorda quello che Gahan ha detto di New York durante il pranzo. «È come una droga. È merdosa e schifosa… ma quando sono via, mi manca tantissimo». La California non dovrebbe aspettare un suo ritorno permanente a breve.

Posso prendere la sua ordinazione, signor Gahan?

– Ristorante preferito? L’Odeon. È vicino a dove viviamo, sono un animale abitudinario.

– Salsa bruna o ketchup? Dipende da cosa mangi. Se è la Shepherd’s Pie, la salsa bruna.

– Specialità culinaria? Purè, fagioli cotti al forno sui lati e un vulcano in mezzo con un uovo, più due salsicce sopra. I miei figli lo adorano.

– Compagnia ideale per una cena? La mia signora. Mia moglie.

– Cibo più detestato: le ostriche, per come vanno giù…

– Cena nel braccio della morte? Fish & chips.

Traduzione a cura di ©Barbara Salardi per Depeche Mode e Dintorni 

  • E’ vietata la riproduzione anche solo parziale di questo articolo/traduzione, senza indicarne provenienza, senza chiedere l’autorizzazione agli autori o i dovuti crediti al Blog.


Dave Gahan: tra Depeche Mode e Soulsavers

Dave Gahan: tra Depeche Mode e Soulsavers

L’intervista telefonica di Dave Gahan andata in onda qualche giorno fa su BBC Radio 6 Music

BBC6: Qual è la differenza fra lavorare da solo e con i Depeche Mode, una delle più grandi band del mondo, che ha un seguito appassionato, che ha fatto la storia della musica e ha un suono immediatamente riconoscibile?

DG: Con i Depeche Mode è una collaborazione piena. Quando si fa un disco con una band in quel modo e con un gruppo di persone, il produttore, l’ingegnere, i programmatori, si collabora e si mettono sul piatto tutte le idee. Sicuramente si scende a compromessi, e così deve essere. Alla fine, si spera di raggiungere un punto comune, ma certamente io e Martin, quando facciamo un disco per i Depeche  Mode, sappiamo di voler fare un disco completo, dall’inizio alla fine. Non devono esserci incertezze, siamo molto critici. Con i Soulsavers è diverso, perché penso io al quadro generale, a come inizierà, a come finirà. Questo però non si presenta immediatamente, di solito ci vogliono alcune canzoni.

BBC6: Perciò questa è una rappresentazione più accurata di chi è Dave artisticamente rispetto ai Depeche Mode?

DG: Non devo correggermi in alcun modo, ma quando si scrive non si può comunque farlo. Per me è molto spesso un suono, una nota in particolare, il modo in cui è suonata o come mi si presenta in una sequenza di note che forma una frase musicale, che mi ispira le parole. Non correggo, mi lascio trasportare ed è soltanto quando la canzone è quasi finita che mi rendo conto di dove volevo andare a parare. Per me è tutta una questione di sensazioni, emozioni, e se una parola si presenta, la metto lì e in seguito cerco di capire perché si è presentata.

 

Per l’ascolto vai su www.bbc.co.uk/radio (dal minuto 49.31 al 56.35)
Traduzione a cura di ©Barbara Salardi per Depeche Mode e Dintorni 

 

  • E’ vietata la riproduzione anche solo parziale di questo articolo/traduzione, senza indicarne provenienza, senza chiedere l’autorizzazione agli autori o i dovuti crediti al Blog.